La sua passione lo ha portato a scrivere due libri oltre che a diventare una penna delle più importanti riviste del settore. Il primo ha un titolo che riprende la stupenda definizione di jazz data da Duke Ellington : " Una preghiera tra due bicchieri di gin ". Il libro raccoglie le interviste di numerosi jazzisti italiani sullo stato dell'arte di questa musica nel nostro paese , inframmezzate da succosi prologhi autobiografici.
Il secondo è un racconto in presa diretta di un suo soggiorno a New York per toccare con mano l'aria che si respira da quelle parti . Lettore onnivoro di Elroy , Don Winslow , Jean Claude Izzo ecc. e degli scrittori della beat generation , usa un linguaggio vicino a quello di Kerouac e un taglio incredibilmente vivido e avvincente per raccontarci la scena newyorkese.
Grazie all'aiuto dell'amico Fabio Morghera , eccellente trombettista trapiantato proprio lì da molti anni , entra in contatto con diversi musicisti afroamericani e li intervista non senza qualche comprensibile difficoltà.
La competitività e , soprattutto , la professionalità , non solo dei musicisti , ma anche degli addetti ai lavori , colpiscono immediatamente il nostro eroe che , inoltre , si rende conto come tutto ciò faccia riferimento anche al sorgere di una nuova coscienza artistica nella maggior parte degli intervistati.
Tutto ciò viene sintetizzato nell'acronimo BAM ossia Black American Music . Cosa significa ?
Nelle intenzioni del suo ispiratore , il trombettista di New Orleans Nicholas Payton , è venuto il momento di affermare , una volta per tutte , la centralità della loro razza all'interno di questa musica che , per dirla con le sue parole "è musica nera , nata con il blues e con i canti degli schiavi nelle piantagioni di cotone ". Non sono pochi i musicisti che non hanno mai amato il termine "jazz " per definire quello che suonavano perchè è una parola inventata dai bianchi per giustificare , a loro modo di pensare , una enorme speculazione dalla quale ci hanno guadagnato pochissimo.
BAM è , quindi , un contenitore dove operano musicisti , bianchi , neri e gialli, che suonano una musica di altissimo livello cha va dal hip-hop al blues , dal soul all'elettronica in cui il comune denominatore è la coscienza della forza e della cultura neroamericana .
Tornato a casa , Nicola ha pensato di mettersi nuovamente in gioco organizzando in primavera , nella sua Bari , il BAM Festival dove , insieme a Fabio Morghera , ha invitato tanti artisti che fanno capo a questa nuova idea . Gary Bartz , Orrin Evans , Johnny O'Neal , Saul Rubin Zebtet , Wayne Escoffery , Riccardo Bianchi e molti altri , compreso , ovviamente , lo stesso Payton , hanno dato vita ad una serie di entusiasmanti concerti , workshop e tavole rotonde che hanno riscosso un considerevole successo .
Come ho già detto in precedenza , le proposte dei sedicenti festival jazz in Italia sono , ormai , caratterizzate da un dilagante conformismo in cui le scelte sono fortemente condizionate da esigenze ben lontane dallo scopo originario che sarebbe , a mio avviso , quello di far conoscere il reale stato dell'arte dell'idioma afroamericano. Ben vengano ,allora ,queste iniziative ,frutto della passione genuina e della competenza formata "sul campo ", che ci facciano conoscere fenomeni di cui ignoreremmo l'esistenza e , soprattutto , che ci facciano crescere la consapevolezza che attorno a noi non esistono solo Sanremo e Umbria Jazz ...
Bye Bye Blackbird
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